di Monica Palermi
Nel cuore della Valnerina ternana sorge il piccolo borgo di Ferentillo, un gioiello incastonato lungo una gola, dal quale non si può far altro che rimanere affascinati. Il paesino, sovrastato da due imponenti rocche e posto sulla via che da Terni conduce all’Abbazia di San Pietro in valle, nasconde un luogo affascinante e, allo stesso tempo, quasi inquietante, unico nel suo genere: il Museo delle Mummie, antica cripta della chiesa di Santo Stefano.
La cripta era in origine una chiesa medievale del XIII sec., sulla quale, due secoli più tardi, fu eretta la Chiesa di Santo Stefano: è da allora che si iniziò a seppellire i morti in questo luogo e così si continuò a fare fino all’emanazione, nel 1804, dell’Editto napoleonico di Saint Claud, che vietava le inumazioni all’interno della cerchia muraria delle città e ordinava la riesumazione delle sepolture precedentemente effettuate. A Ferentillo, a seguito di tale disposizione si scoprì che i corpi che erano stati sepolti nella cripta della Chiesa di Santo Stefano si erano perfettamente conservati, mummificandosi.
Lo scenario che accoglie il visitatore che arriva nel piccolo museo sembra, a prima vista, povero e spoglio. Solo entrando, con rispetto e discrezione, si viene avvolti da una strana atmosfera e si inizia il percorso che permette di vedere le mummie e conoscere la loro storia. Ciò che è impressionante sono le informazioni che abbiamo sulle loro vite, le curiosità che ci aiutano a intravedere, nei loro corpi esposti, la loro umanità, il loro essere stati, una volta, come noi siamo oggi. D’altronde, l’iscrizione che si trova appena fuori dal museo già di per sè predispone a una simile riflessione: “Oggi a me, domani a te, io fui quel che tu sei, tu sarai quel che io sono. Pensa mortal che il tuo fine è questo e pensa pur che ciò sarà ben presto”.
Così incontriamo due sposi cinesi, morti mentre erano in viaggio di nozze sulla via di Ferentillo, un assassino e la sua vittima, entrambi sepolti per un ironico destino nello stesso luogo, una giovane donna morta di parto, una vecchia contadina e due soldati napoleonici. Tutte persone che, andando via dal museo, si ha l’impressione di aver imparato un po’ a conoscere.
Il borgo di Ferentillo nasconde un tesoro che le condizioni del terreno, unite alla particolare ventilazione e alla presenza di determinati microrganismi hanno contribuito a creare e che tuttora mantengono. Un tesoro costituito non solo dalle mummie, ma anche dagli affreschi del XIV e del XV secolo, dall’antico portale d’ingresso della cripta e dai resti dell’abside, in parte demolito. Un luogo ricco di storia, di arte e di umanità che senza dubbio vale una visita.